La Venta esplora le grotte di sale in Iran

Grotte del Sale

Si è conclusa con la mappatura di nuovi 5 km di grotte ancora inesplorate, l’ultima spedizione in Iran de La Venta – Associazione di Speleologia ed Esplorazioni Geografiche, partner storico di Ferrino.

Una spedizione conclusa a fine febbraio, che ha visto gli scienziati italiani, in partnership con l’Università di Shiraz e con l’Associazione Iraniana di Speleologia, impegnati ad esplorare i  diapiri salini della zona a sud della città di Shiraz in Iran, con l’obiettivo di scoprire nuove grotte.

Il territorio e il contesto geologico

In questo settore dell’Iran, altri diapiri sono già stati investigati in anni recenti da speleologi provenienti dalla Cecoslovacchia, le cui ricerche hanno portato alla scoperta di quella che attualmente è la più lunga grotta nel sale del mondo, con oltre 5 km di sviluppo.

Il sale dei diapiri di questa zona si è depositato oltre 500 milioni di anni fa in un mare poco profondo, esteso su una vasta area che va dall’attuale Iran al Golfo Persico, accumulandosi in strati spesso alternati a calcari, marne e arenarie, per uno spessore totale superiore ai 1000 metri. Il deposito di sale è stato quindi seppellito, rimanendo sigillato sotto migliaia di metri di altri sedimenti. Nelle ere successive, per le sue caratteristiche di leggerezza e plasticità rispetto alle rocce circostanti, il sale è stato a più riprese spremuto e mobilizzato, raggiungendo infine la superficie, probabilmente intorno a una ventina di milioni di anni fa. Ancora oggi il sale esce lentamente da molti diapiri, e una volta emerso è reso ancora più plastico dalle acque piovane e cola lungo i pendii circostanti a velocità molto variabili, formando “namakiers” o “glaciers”, così chiamati per le evidenti analogie con i ghiacciai.

La scoperta

Le grotte esplorate quest’anno si trovano proprio nei “glaciers” di sale. Le fasi preliminari della spedizione, hanno impegnato il team in un attento esame di immagini satellitari che ha permesso di individuare decine di grandi doline di crollo e di profondi pozzi in alcuni estesi duomi salini dai nomi esotici: Khoorab, Jahani, Gach e Siah Tagh.

Una volta arrivati sul campo, sono state riprese le attività di mappatura e ricerca dei diapiri salini di Koorab e Jahani, che erano i due punti d’arrivo della precedente spedizione, qui sono stati scesi alcuni nuovi pozzi ed esplorato delle risorgenze, senza risultati esplorativi particolarmente rilevanti, a causa dei continui collassi geologico-strutturali che caratterizzavano queste cavità.

Chiuso il capitolo diapiri salini nella zona di Firuzabad (Fars), la spedizione si è divisa in due gruppi, uno diretto nella zona vicina alla città di Lar, dove purtroppo si è confermato il limitato interesse speleologico, mentre il secondo gruppo invece si è spostato direttamente a sud, sul Diapiro salino conosciuto come Kuh-E-Namak (Dashti).

Un diapiro di dimensioni considerevoli – 36 km quadrati – con uno spessore di oltre 1400 metri di sale totalmente emerso: un deserto di sale caratterizzato da un paesaggio quasi spettrale, tra pinnacoli e karren scavati nel sale affilati come rasoi.

Su questi nuovi diapiri sono state raggiunte le zone di contatto con arenaria e calcari, che hanno dato luogo alla creazione di tunnel e trafori scavati nel sale, eroso dall’acqua che lo percorre nelle sue viscere.
In questo contesto geologico unico al mondo, tra canyon, trafori e cascate di sale, sono stati esplorati e topografati quasi 5 km di nuove grotte.

 

La parola degli esploratori

“Due giorni di piogge torrenziali – racconta Luca Imperio, capo della spedizione – ci hanno permesso si seguire questi fiumi effimeri nelle viscere dei diapiri, illuminando per la prima volta ambienti inattesi, caratterizzati da cristallizzazioni di sale di vari colori e da forme di vita animale completamente adattate a questo ambiente desertico e del tutto inospitale. Come per i principali progetti di La Venta, anche in questo caso non ci si è limitati alla pura e semplice esplorazione: la spedizione, grazie alla presenza di un team di esperti speleologi, biologi, medici e geologi, ha avuto una forte impronta scientifica. Sono state infatti campionate forme di vita ipogee; prelevati campioni di roccia; ci si è focalizzati sulla realizzazione di scansioni 3D mediante laser scanner degli ambienti interni più rilevanti; abbiamo infine eseguito la fotogrammetria aerea da drone per quanto riguarda le aree esterne”.

Progetti per il futuro? “Come spesso accade – conclude Imperio –  il tempo non è mai sufficiente a completare le esplorazioni, quindi si prospetta  già una prossima spedizione molto tecnica per arrivare alla cima del diapiro esplorato, a caccia degli ingressi superiori che alimentano i fiumi e le cascate che fuoriescono alla base”.